Chi sono i GIOVANI CAREGIVER

I giovani caregiver sono ragazzi under 18, oppure giovani adulti under 26, che per ragioni di necessità o obbligo svolgono mansioni di cura nei confronti di un membro fragile del nucleo familiare, ove per nucleo si intende qualunque individuo si consideri facente parte della propria cerchia familiare a prescindere dal grado di parentela effettivo.
Le cure sono dirette a persone che vertono in stato di disabilità temporaneo o permanente, che siano esse in carico presso servizi socio-assistenziali o meno.
Esistono, infatti, diversi livelli di intensità di cura e diverse mansioni di cura, che vengono predisposte in favore di questi individui; dove non arrivano i servizi assistenziali arrivano i familiari.

In Italia circa il 7% dei giovani compresi tra i 14 ed i 25 anni è uno Young caregiver; si tratta di ragazzi che nella maggior parte dei casi non hanno idea di essere a tutti gli effetti prestatori di cure, vivono la loro condizione assolvendo alle mansioni necessarie per garantire la sopravvivenza dei propri cari come una condizione irreversibile e soprattutto inderogabile.

L’impostazione familistica del welfare italiano porta in grembo ai nuclei familiari l’onere di accudire i membri più fragili degli stessi, sopperendo solo in parte ai bisogni reali manifestati.
Sarebbe necessaria una presa in carico sistemica che guardi anche ai prestatori di cura, soprattutto se young, così da garantire loro tutele e diritti, oltre che il riconoscimento di un ruolo che comporta mansioni spesso delicate e difficili da metabolizzare psicologicamente e fisicamente.
I giovani caregiver possono prestare cure di tipo sanitario, come cambiare flebo o somministrare cure; di tipo igienico come ad esempio cambiare pannolini, lavare o vestire qualcuno anche nel caso di persone anziane; occuparsi del case management come ad esempio gestire appuntamenti, coordinare i prestatori di cure ufficiali come OSS, Medici di base o specialisti di ogni genere e sorta; occuparsi della gestione burocratica o addirittura essere titolari di amministrazioni di sostegno, con l’onere di prendere decisioni importanti in nome e per conto di terze persone.
La gestione di un parente in stato di fragilità comporta delle implicazioni, sotto il profilo psicologico, che se ignorate possono condurre il caregiver a patologie psichiche importanti, oltre che incidere sul suo regolare sviluppo.
Fra tutte registriamo il forte senso di colpa che caratterizza la vita dei giovani caregiver, che si muovono sempre in bilico fra la necessità di occuparsi di qualcun altro ed occuparsi di se stessi.
Spesso, infatti, questi ragazzi incontrano difficoltà di natura psicologica, come già detto, emotiva e socio-educativa; possono soffrire di stress e ansia; adottare comportamenti a rischio come l’abuso di sostanze e provare costantemente emozioni quali rabbia, rammarico e tristezza.
Percepire un senso di vuoto abbandonico, avvertire il bisogno di essere sollevati, raccolti, aiutati; vivendo però, a tutti gli effetti, nell’impossibilità di chiedere aiuto realmente per paura di ferire i sentimenti della persona a cui prestano cure, poiché consapevoli che la malattia non è una colpa. Come arrabbiarsi, quindi, con qualcuno che non ha colpa?
Condizioni di fragilità non colpiscono mai un solo individuo, ma tendono a riversarsi a cascata sull’interno nucleo di persone care all’individuo fragile, per questo motivo l’intervento a supporto deve essere sistemico, altrimenti si rischia di curare da un lato ed “ammalare” dall’altro.
Se ti sei riconosciuto leggendo queste righe, se qui hai trovato anche solo un po’ di te stesso, con molta probabilità sei uno young caregiver.
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Cosa significa essere un giovane caregiver? Che impatto ha sulla vita dei giovani?

Quando si pensa al caregiving viene spesso in mente un anziano con demenza e la sua badante. In realtà ci dimentichiamo di una grande fascia di persone che rompono questo stereotipo.
Essere un giovane caregiver significa occuparsi sin da piccolo di qualcuno in famiglia che ha bisogno di te. Una mamma alcolista, un papà cardiopatico, una sorellina cieca o un nonno con l’Alzheimer. Significa smettere da subito di avere in mente i giochi, i compagni di classe o svagarsi sereni al parco e sostituire questi leggeri pensieri con le preoccupazione per la salute dell’altro, la rabbia per non poter fare, la tristezza per non poter essere, le rinunce, i sacrifici, la solitudine e la vergogna. La persona vive un disagio profondo che possono portarla a soffrire di ansia, depressione, isolamento sociale, consumo di sostanze. Con gli anni dell’adolescenza, questa situazione avrà una ripercussione sul percorso di studi, le scelte del futuro, il lavoro che verrà scelto. Il caregiving dunque può influire molto sul percorso di vita di una persona e la sua salute, sia fisica che mentale.
Ad oggi si stima che circa il 7% della popolazione giovane, compresa tra i 14 ed i 25 anni, versa nella condizione di young caregiving, a diversi livelli, ma con impegno continuo e costante.

Quali sono le principali problematiche che affronta un giovane caregiver?

Il peso sulle spalle di un giovane caregiver può essere rappresentato dal prestare un costante supporto emotivo, dalla necessità di fornire aiuto pratico con le emergenze, le medicine, la spesa, la gestione della casa. Oppure il carico può essere semplicemente il percepirsi soli e sopraffatti. Le persone possono convivere con diverse difficoltà. Ad esempio, avere in famiglia una patologia (psichiatrica, biologica…) o una disabilità (sensoriale, motoria, intellettiva…), che affligge un loro familiare (genitore, fratelli, sorelle, nonni…). Oppure la fragilità potrebbe essere la presenza di barriere linguistiche-culturali (seconde generazioni), che rendono necessaria la presenza del ragazzo/a per l’inserimento della famiglia nel territorio (ad esempio, essere traduttore per sbrigare pratiche burocratiche).

Cosa può servire ad un giovane caregiver?

L’obiettivo principale, in questo momento storico e data la natura del fenomeno che in Italia è ancora poco conosciuto, dovrebbe essere proprio la divulgazione.
Parlare di young caregiving agli operatori, ai social workers e non solo, rendere noto il fenomeno alla popolazione civile è un passaggio fondamentale; abbiamo un grosso problema in termini di riconoscimento: i giovani caregiver stessi non sanno di essere tali, soprattutto se l’insorgenza, chiamiamola così, del fenomeno cade in giovanissima età. Abbiamo bisogno che questi ragazzi sappiano che la loro condizione di vita può essere alleggerita, accompagnata, e se lo desiderano possono addirittura essere sollevati dalla stessa, non è obbligatorio prendersi cura, questo è il nodo focale. È fondamentale incentivare una “cura consapevole”, così che i giovani caregiver possano scegliere come e in che misura prendersi cura, senza essere sopraffatti dall’obbligo, dalla necessità e dal senso di colpa; questo perchè spesso sono abbandonati, non vedono alternativa alla loro stessa persona, si sentono oberati e non riescono a vedere una via d’uscita.
Dobbiamo agevolare questi ragazzi nell’accesso ai servizi per le cure ai disabili, aiutarli nel loro percorso di crescita personale in affiancamento al ruolo di giovani caregiver che si trovano ad assumere.
Aiutarli a porre il focus su loro stessi e sul loro percorso di vita, sostenendoli nella scoperta delle loro inclinazioni e attitudini, nell’orientamento, nella scelta della loro carriera personale e più in generale nella costruzione di un futuro pieno ed appagante che possa valorizzare le competenze che hanno maturato come giovani caregiver senza che queste diventino le uniche competenze che guideranno le loro scelte future.
Difatti non è raro che molti giovani caregiver intraprendono carriere nell’ambito della cura, il che non è un male se si tratta di una scelta consapevole e ragionata e non di una scelta dettata dal “ho sempre fatto questo e tutto sommato mi viene bene”.

Quella del giovane caregiver è una realtà sentita e riconosciuta dalle istituzioni?

Le istituzioni non sono a conoscenza di tale fenomeno, questo perchè si tende ad immaginare il bambino/ragazzo come privo della capacità di autodeterminarsi e di assumere ruoli di “leadership” anche se precocemente, intesi come ruoli che implichino la presa di decisioni, anche importanti, a volte determinanti.
Ad oggi non esistono azioni di welfare ad hoc per i giovani caregiver, i quali rientrano nell’area di intervento “minori” e spesso varia al variare della collocazione geografica in cui essi sono collocati (si pensi ad esempio al lavoro svolto in Emilia Romagna), non esistono leggi nazionali a tutela dei giovani caregiver, che possano accompagnarli nella gestione di questo ruolo, esiste il buonsenso ed esistono gli interventi mirati sui minori che entrano, per una qualche motivazione, all’interno della tutela, questo ci suggerisce che si stia operando dove già c’è del disagio di una qualche natura, al quale viene sommata la condizione di young caregiver, ma chiaramente non può essere questa la modalità di intervento, non possiamo pensare di lavorare in emergenza. È vero che esistono, come spesso accade, delle condizioni di comorbilità, ma dobbiamo incominciare a trattare questo fenomeno in quanto tale, non in quanto conseguenza o comorbilità.

Com’è il panorama a livello europeo su questo tema?

L’Italia è ancora agli albori in questo campo di sostegno ai giovani caregiver. L’Europa ci propone diversi modelli virtuosi.
Soprattutto l’Inghilterra è pioniera di servizi per giovani caregiver, con associazioni, punti di ascolto, iniziative statali a sostegno del loro impegno di cura. Ad esempio, “Concerts for Carers” è un’iniziativa per sostenere il diritto allo svago, garantendo ai caregiver biglietti gratuiti. Vi sono inoltre campi vacanze e festival dedicati ai soli caregiver minori, garantendo, in loro assenza, un supporto dedicato e specifico alla famiglia che rimarrebbe scoperta. E così la persona potrebbe divertirsi spensierata, conoscere nuovi amici, fare esperienze.
In Danimarca, è offerto il servizio di orientamento al lavoro, di supporto allo studio e la linea amica per poter chiamare e ricevere supporto in caso di emergenza. In Croazia offrono alloggi di transizione, unito a supporti professionali e specialistici per i bisogni della famiglia.

Young Care Italia offre assistenza su più livelli ai giovani caregiver:
qui alcune testimonianze particolarmente significative.

Testimonianza 1 – Caregiving precoce:

J. ragazzo di 22 anni: fratello gemello con grave disabilità (tetraplegico) dovuta a complicazioni alla nascita. Figlio di genitori migranti dal nord Africa e separati per conflittualità. Arriva in consultazione perché bloccato nel percorso universitario. Molte delle sue energie sono dedicate alla cura del fratello e alla gestione della burocrazia, le sue scelte di carriera sono guidate dal desiderio di riscatto sociale, le due vere passioni vengono da lui stesso negate e ogni volta che cerca di seguire le proprie scelte viene attanagliato da ansia e senso di colpa. La frustrazione per la sua situazione è tangibile ma inesprimibile per lui, che tende a ricondurre ogni esperienza negativa della sua vita al suo “destino”. La sua skill di sopravvivenza è la capacità di entrare in relazione con gli altri e leggere i loro bisogni, che nelle relazioni intime lo porta a legarsi a ragazze che lo sfruttano per poi abbandonarlo quando è lui ad essere in difficoltà. Con YCI sta imparando a mettere i giusti confini e considerare legittimi e suoi bisogni. Parteciperà inoltre ad un percorso di orientamento per la scelta di carriera per rendere le sue scelte più coerenti con i suoi desideri.

Questa pagina è stata costruita grazie alla collaborazione con Young Care Italia – Prendersi Cura di Chi si Prende Cura, Prima Associazione Italiana a tutela dei Giovani Caregiver.
Per maggiori informazioni o per contattare l’associazione visita il sito: Young Care Italia

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